UNA VITA INTERA - PAOLA MORI
Comando Stazione Carabinieri Gubbio, ore 8.30.
Sei anni, sei inverni. Una vita intera.
Se penso a quello che sono stato, e a quello che sono adesso, un sorriso mi dipinge le labbra, inevitabile.
Inutile che stia qui a raccontarvi tutta la mia storia, di nuovo, dal’inizio. Di mio padre generale, di mia madre apprensiva, di tutte le aspettative che ho realizzato e di tutte quelle, molte di più a giudicare dall’espressione con cui hanno accolto anche questa notizia, che ho deluso.
Non starò neanche a raccontarvi di come sono arrivato qui a Gubbio, del perché e del quando. Anche questo lo sapete già, come sapete della posizione che ricopro in questo piccolo e splendido angolo di mondo che mi ha donato nuova linfa e la cosa più preziosa della mia vita.
- Capitano.. mi scusi se la disturbo..
La voce del brigadiere voleva essere delicata, ma nella sua testa rimbombò come un tuono.
Il Capitano chiuse appena gli occhi, strizzandoli, e segnalando il proprio disagio passandosi la mano sulla fronte.
- Vieni, Ghisoni..
Il Brigadiere sorrise, appena: la notte dell’addio al celibato era stata lunga e traumatica per tutti, a quanto pareva..
- Ecco..- si fece avanti fino alla scrivania, porgendo dei fogli – ho finito di raccogliere le memorie del caso Zampieri, e mi sono permesso di compilare al posto suo il rapporto definitivo.. pensavo.. così deve solo controllarlo e firmarlo..
S’interruppe per un istante, forse temendo un rimprovero per quell’iniziativa tanto azzardata.
Il Capitano lo sorprese:
- Grazie, Pietro.. lasciali pure sulla scrivania, adesso ci do un’occhiata..
- Comandi..- quello indietreggiò raggiungendo la porta e, trattenendone lo stipite fra le dita, osò fermarsi e rivolgersi di nuovo al superiore con aria confidenziale – è pronto, capitano?
Giulio aggrottò le sopracciglia. Pronto? Pronto a che? Il rapporto del caso Zampieri?
Una decina di secondi per far mente locale e tornare in sé: oggi era quel giorno, IL giorno.. quello più importante di una vita intera..
Era arrivato a Gubbio senza aspettarsi nulla, senza il desiderio di perdere tempo a costruirsi legami.
In fondo, lui un legame stabile lo possedeva già, nonostante ogni volta che entrava in contatto con lei si sentisse come su un giaciglio di spine.
Amanda.
La sua eleganza un po’ snob, la sua foto in bianco e nero sulla scrivania, il suo viso formato poster a decorargli il soggiorno, ricordandogli con la sua ingombrante presenza un sentimento di cui era succube più che partecipe attivo.
L’aveva buttata. Probabilmente, finire in fondo ad un bidone dell’immondizia era il suo meritato contrappasso.
Giulio sorrise, ritrovandosi come già tante volte in passato a spiccare paragoni.
Solo che ormai l’immagine di Amanda era tanto fioca da impedire il confronto.
Eh, sì. La luce di Patrizia l’aveva completamente oscurata.
Fin dall’inizio, inconsapevolmente. Forse, fina dalla prima stretta di mano, dal primo sorriso.
Quando ancora gli dava del lei.
Lo ricordava alla perfezione, il loro primo incontro. O per lo meno, quello ufficiale.
Ricordava il sorriso colmo d’orgoglio di Cecchini, quel suo naso da fine intenditore leggermente sollevato verso il cielo:
- Questa, signore, è mia figlia Patrizia.
Patrizia all’ultimo anno di liceo, Patrizia graziosa e delicata come un bocciolo di rosa.
Eppure, io l’ho già vista, da qualche parte..
Ecco, il primo pensiero che gli era saltato in mente.
Dove, quando e perché erano stati cancellati, sovrascritti dai milioni di pensieri che gli s’ingarbugliavano in testa: il lavoro, la carriera, i casi da seguire. Un padre che non faceva mai a meno, ad ogni incontro o telefonata, di rimarcare la sua situazione da fallito. Solo perché non aveva scelto la strada desiderata da lui.
E poi Amanda, sempre Amanda.
Ad averlo capito prima, non l’avrebbe presentato a lei, quell’anello. Non avrebbe studiato così bene le parole.
Forse, non avrebbe sprecato tanto tempo neanche a sopportarla a fondo perduto..
Ecco, questo di lei riusciva a ricordarlo. La brezza della sera, la candela sul tavolo del ristorante.
Il suo ennesimo sembrare imbranato, e la cocente delusione di sentirsi dire che il matrimonio non era nelle sue aspettative per il futuro.
Sorrise.
Era stato felice, ed emozionato. Aveva recitato quelle parole col cuore gonfio di gioia.. ma davanti ad un’altra donna. Se non era stato un segno, quello..
Perché, il ballo in bianco non è stato, un segno? E l’accelerare senza motivo dei tuoi battiti quando l’hai incontrata di nuovo davanti al treno che la riportava a casa dall’Erasmus? E la gelosia che ti divorava, quando ti sentivi infinitamente inferiore rispetto allo spagnolo?
Adesso ci ridi, Tommasi. Adesso che la bufera è passata e lei è soltanto tua.
Accidenti, sono già le nove.. alzati e vai, e anche di corsa.. mica vorrai essere il primo sposo che si fa aspettare..
Casa Cecchini, ore 9.30.
- Patrizia! Allora, sei pronta? Qui aspettano tutti te!
La voce di Assuntina risuonò limpida nel corridoio, raggiungendo anche gli spazi più nascosti.
- Sì.. arrivo..
Patrizia raccolse tutto il fiato che poteva, appoggiandosi una mano allo stomaco.
Non l’avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura, ma era tesa da morire. Più che di fronte alla commissione per la tesi di laurea, più che ad ogni suo intervento in tribunale.
Eppure, dovresti esserci abituata.. l’avevi programmato, lo sapevi benissimo, a cosa andavi incontro.. non c’è solo oggi, Pat.. c’è domani, dopodomani.. e poi una vita intera.
Devi solo volerlo, il resto verrà da sé.
Lo specchio rifletteva un’immagine forse ancora troppo bambina, per quell’abito bianco.
Forse avevano ragione i genitori di Giulio; era troppo giovane ed immatura, per un uomo di trentasei anni. Forse lo era per impegnarsi con chiunque per il resto della propria vita.
Forse sarebbe stato meglio dirgli che non era ancora pronta, invece di annuire..
Sorrise.
Giulio era stato così buffo, imbranato e divertente, nel chiederle di sposarlo..
Lo sapeva, del suo studiare a memoria le parole da dirle, del suo ostinato ripeterle passeggiando su e giù per l’ufficio come avesse recitato le preghiere del breviario.
Gliel’aveva spifferato papà.
Sì, proprio papà.. da quasi infartuato e choccato genitore geloso a completo complice nel giro di sei mesi..
E chi se lo sarebbe mai immaginato..?
Ma forse anche qui c’era lo zampino di Don Matteo..
Forse le parole del ‘breviario’ le aveva suggerite lui, come tante altre cose, lungo gli anni..
Fatto sta che, una volta alla data della prima, Giulio non aveva posto eccezioni al teorema Tommasi e le aveva dimenticate tutte.
- Io mi arrendo..- aveva chinato il capo, rassegnato all’evidenza.
Lei era stata pronta suggeritrice, e gli aveva raccolto il viso, materna ed un po’peperina:
- Ormai dovresti conoscermi, capitano.. e dovresti saperlo, che con me non servono, tante parole..
Il sorriso di Giulio s’era aperto come un raggio di sole dopo giorni di temporale.
Stupore, pace, gioia infinita.
Con lei non gli serviva recitare. Per questo, il cielo gliel’aveva data come compagna per la vita.
- Beh, Pat.. io ti amo – aveva detto, leggero – ti amo e basta. E non serva che ti ripeta che ti voglio al mio fianco. Per sempre.
Quell’anello nel suo palmo aveva colmato tutte le lacune.
Patrizia sollevò la mano, e lo trovò al proprio posto, delicato e fedele.
Una fedina con tre brillantini. Minuti e per niente vistosi, perfetti sulla sua manina.
Chissà se anche quello l’aveva scelto Don Matteo..
Si scoprì a ridere, felice e cristallina, e con quella gioia aprì la porta del bagno, decisa a mostrarsi al mondo ed a compiere quel passo.
Bastava volerlo, e lei lo voleva.
Assuntina sembrava la costumista delle dive.
Forse quella era la sua strada, pensò Patrizia, lasciandosi trascinare fra le sue grinfie truccate a festa.
Abito elegante ma non troppo, per non tradire la sua anima ribelle e sportiva, Un lungo ciuffo ad imbrigliarle i capelli castani, le forcine fra le labbra ed una manciata di fiorellini da acconciatura stretti fra le dita.
Lode all’impegno, pensò Patrizia, una volta di nuovo a confronto con lo specchio: sua sorella l’aveva fatta più bella di una dea..
- E adesso vediamo che ne dice il principe azzurro!
Felice e soddisfatta, Assuntina la guidò fino alle scarpe, e da lì la strada fu tutta in discesa.
Chiesa Parrocchiale di San Giovanni in Gubbio, ore 10.30.
- Allora? Come sta, tutto bene?
Il Maresciallo Cecchini si voltò verso Don Matteo, sentendo che quella domanda fosse diretta a lui, più che al Capitano che lo affiancava sulla porta della chiesa.
- Un po’ teso..- il Capitano raccolse al posto suo quelle parole, annuendo appena in segno di gratitudine per l’interessamento e stropicciando fra loro le mani – ma bene.. sì, molto bene.
Don Matteo sorrise, passando da lui all’amico di sempre.
Il Capitano lesse quello sguardo, ed aggrottò le sopracciglia voltandosi verso la propria destra.
- Maresciallo.. se qualcosa non va..
- No, va tutto bene..- replicò quello, in un soffio.
- Se è per quello che ci siamo detti l’altro giorno, io..- Giulio sollevò appena una mano, a dare forza alle proprie parole – non ho cambiato idea, e come le ho detto.. non ho intenzione di lasciare Gubbio, non per il momento. E non le porterò via la sua bambina, stia tranquillo..
- Lei la ama, capitano. E’ tutto quello che conta.
Il sorriso del maresciallo era dolce, paterno.
Voltando il viso, ed incontrando il sorriso raggiante della sua piccola in testa a quel grazioso corteo di signore, comprese che il suo era un sacrificio accettabile, se il prezzo era la gioia che poteva regalare.
Patrizia lo comprese, ed avvicinandosi gli tese la mano:
- Mi accompagni all’altare, papà?
Il Maresciallo annuì, già con una lacrima vigliacca a sfuggirgli dagli occhi, e leggero l’accompagnò verso il gentile tepore della chiesa.
Giulio aveva levato il passo, raggiungendo i testimoni accanto a Don Matteo, e adesso l’aspettava come si aspetta il dono più desiderato di tutto il Natale.
Accanto a lui Pietro, col suo complice strizzarle l’occhio ignorando la divisa da cerimonia che lo vestiva.
Un passo più a destra, Severino.
Senza occhiali sembrava un uomo pure lui, pensò Patrizia, intercettandone lo sguardo malizioso e felice diretto a quella presenza celeste che le si era materializzata alle spalle.
Chissà che ne pensava, Assuntina.. chissà se si era accorta di essere il motivo di quel cambio tanto repentino nel suo modo di fare..
Mamma sorrideva, di una dolcezza infinita, raccogliendo la mano di papà e stringendola forte, ed anche negli occhi dei suoi suoceri la gioia aveva preso il posto ad ogni altro sentimento manifestato nel corso di quei mesi.
Pippo annuiva, dall’angolo che aveva scelto di occupare nella terza panca, accanto alla compagna di sempre, Natalina, che già aveva sfoderato il fazzoletto pronta a piangere al segnale del sì.
- Allora.. possiamo cominciare?
La voce calda di Don Matteo si stese sui presenti ed a colmare di pace la chiesa.
Uno dopo l’altro, i loro cenni di assenso.
Per ultimo il suo, prima che sollevasse la mano a compiere il segno della croce:
- Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo..
Nessun commento:
Posta un commento